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giovedì 8 luglio 2010

BULLISMO OMOFOBICO: L'INQUIETANTE SPACCATO DI UNA RICERCA CONDOTTA DA ARCIGAY

FONTE: Arcigay.it

Stando ai risultati della ricerca, due terzi degli studenti che frequentano la scuola secondaria superiore ha udito epiteti omofobi e prese in giro nei confronti di maschi. Per uno studente su cinque queste espressioni fanno parte della vita scolastica quotidiana.

Uno studente su 13 ha assistito almeno una volta nell’ultimo mese ad aggressioni omofobe di tipo fisico (calci e/o pugni fino a molestie sessuali), nonostante la maggioranza degli insegnati dichiari di non esserne al corrente. Il 20% dei ragazzi ha commesso almeno un atto riconducibile al bullismo omofobico mentre il 4% dichiara di essere stato vittima di aggressione. Il bullismo che colpisce le studentesse lesbiche, ancorché preoccupante, è riportato in percentuali minori.

Leggi l'abstract dei risultati a cura del dott. Gabriele Prati

Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay, commenta: "E' la fotografia di un fenomeno allarmante e virulento che negli ambienti scolastici e nella società non ha ancora trovato i giusti anticorpi per essere finalmente sanato, ma che li dovrà trovare in fretta. Il quadro che presentiamo mostra una realtà di prevaricazione ed indifferenza fino ad ora sottovalutata. Il rifiuto di molti istituti scolastici a partecipare alla ricerca rivela quella che è la percezione del fenomeno nella scuola italiana".

L'associazione, nel corso del progetto “Interventi di prevenzione contro il bullismo a sfondo omofobico” (2008-2010) ha messo in campo azioni di prevenzione al bullismo omofobico con 500 laboratori di educazione alle differenze per studenti e studentesse (in tutta Italia) e la Costituzione di una rete nazionale di educatori provenienti da 40 comitati provinciali di Arcigay (gruppi di volontari diffusi in tutte le regioni) che hanno ricevuto una formazione specialistica e che sono disponibili a realizzare laboratori di breve e lunga durata in orario curricolare o extracurricolare a seconda delle esigenze della scuola.

Ancora Arcigay ha pubblicato un manuale per educatori intitolato “Zaino in spalla” ove vengono riportate le attività formative dei laboratori, gli strumenti e gli esercizi e un vademecum sul bullismo omofobico realizzato da studenti e studentesse allo scopo di promuovere un’efficace campagna di informazione tra pari.

Arcigay, continua Patanè - “proseguirà nel proprio lavoro di prevenzione del bullismo omofobico puntando ad un maggiore radicamento sul territorio, con l’obiettivo di raddoppiare il numero di istituti di formazione serviti nell’anno scolastico 2010/2011. Ma l’azione a livello dei singoli Istituti scolastici è necessaria ma insufficiente a contrastare il fenomeno nella sua globalità. E‘ indispensabile un’azione coordinata tra organismi che si occupano di Istruzione, di Politiche Sociali e di Pari Opportunità in collaborazione con le associazioni, sia a livello centrale che periferico”.

100 storie di vittime di bullismo omofobo


“Frocio”, “finocchio”, “ricchione”, “checca” e “lesbica di m.” l’armamentario del bullo omofobo continua ad essere ampio e variagato e va a colpire nell’indifferenza: “Certo che i compagni c’erano, erano in gruppo e si divertivano a sfottere in gruppo, nessuno ha detto nulla perché temeva di essere additato come gay o perché sarebbero stati fuori dal gruppo”.

Le storie delle vittime di bullismo che emergono dalla Prima ricerca nazionale sul bullismo omofobico di Arcigay, presentata oggi a Roma, gettano luce finalmente sull’orrore quotidiano che si vive nella scuola italiana.

Ci sono le mense, l’ora di educazione fisica (“Educazione fisica mette in luce i modi femminili che riesco a nascondere durante le altre ore… Personalmente faccio di tutto per evitare le ore di educazione fisica”), ma anche le ore di lezione, luoghi principe che fanno scattare la violenza del bullo.

E già alle scuole medie il fenomeno appare in tutta la sua virulenta gravità: “La prima derisione l’ho ricevuta all’età di 13 anni in seconda media poiché vesto e mi atteggio in maniera mascolina. Molti mi chiamavano “lesbica de merda”. Da allora sono iniziate le prese in giro e adesso che sto alle superiori mi ritrovo a dover fronteggiare molte più persone che agiscono malamente nei miei confronti. Alcuni mi avrebbero voluto picchiare ma sono stata fortunata e non li ho (ancora) incontrati”.

Alle scuole superiori non va meglio ai ragazzi: “son stato preso di mira da ragazzi più grandi, finiti nella mia classe per bocciature varie, ed ogni giorno erano insulti, derisioni pubbliche verbali e fisiche, come il tenermi fermo per mimarmi addosso un rapporto sessuale”.

Le aggressioni verbali e fisiche hanno spesso conseguenze irreparabili: “Andavano dalle semplici offese verbali a sputi e calci. Fino a simulazioni di violenza sessuale su di me, nei corridoi della scuola o negli spogliatoi. Mi prendevano la testa e la spingevano contro i loro genitali al grido di “succhia frocio”, mi urinavano addosso per poi andarsene come se nulla fosse. Danneggiavano costantemente il mio materiale scolastico, che veniva buttato nel gabinetto, calpestato o gettato dalla finestra. E verso metà del quinto anno, siamo arrivati anche alle minacce di morte, che sono state causa di un mio tentato suicidio e il mio successivo ritiro da scuola”.

E proprio sulla base di dati scientificamente provati, il presidente Patanè chiede “un impegno definitivo alle Istituzioni nel contrasto del bullismo omofobo e il sostegno alle vittime anche con il potenziamento degli Osservatori permanenti sul bullismo (istituiti con D. M. n. 16 del 05/02/2007 e, più in generale, è urgente che i Ministeri competenti promuovano politiche e iniziative specifiche”.

Patanè conclude quindi dichiarando che “una buona scuola lo è soprattutto grazie alla capacità di formare buone cittadinanze nel rispetto assoluto della personalità di ciascuno. Una buona scuola condanna il bullismo omofobo e deve accogliere tutte le iniziative utili a contrastarlo”

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